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Sinistra italiana, suicidio a tempo record?

Le ultime elezioni amministrative hanno offerto un’istantanea della situazione politica italiana piuttosto sconcertante. Le principali forze di governo, il Pdl e la Lega, hanno patito una sconfitta piuttosto grave in termini numerici e pratici. Numerici perchè di voti, in termini di dati reali, ne sono andati persi molti. In soldoni, settantacinquemila voti in meno per il Pdl. Secchi. Pratici perchè sono andate perse tutte le roccaforti lombarde, tranne Varese. Desio, Rho, Pavia (provincia) sono cadute in mano al centro-sinistra. Sia che a correre fosse il Pdl con la Lega, sia che acorrere fossero i lumbard da soli. Ma il centrosinistra, che ha in mano dati confortanti in quanto a consenso politico, cosa fa? Invece che partire dalle elezioni come fondamento per una opposizione più efficace, propositiva e incisiva in Parlamento, chiede le dimissioni del premier. In base a cosa? Si tratta di elezioni amministrative, non politiche. I presupposti politici per le dimissioni di Silvio Berlusconi non sussistono. C’è forse una crisi di governo aperta? No. Il governo è andato sotto in Parlamento? No. Ci sono le condizioni per lo scioglimento delle camere? No. E allora?

Allora c’è che il voto di domenica e lunedì ha dimostrato chiaramente la sua natura di protesta contro il centro-destra italiano. Un centro-destra troppo propenso alla rissa e a i toni alti che ormai a gran parte dell’opinione pubblica (Quirinale in testa) non vanno più giù. E nemmeno la batosta del primo turno è servita a cambiare gli atteggiamenti, immutati nella sostanza. Attacchi frontali, continui, tesi a demolire l’avversario poltico. Demonizzare, demonizzare e ancora demonizzare. E gli italiani, gente pragmatica (in particolare i lombardi) hanno preferito agli strali privi di contenuto reale, politico, le proposte, della sinistra, certo, ma che almeno erano proposte concrete. E il fatto che in molti siano rimasti a casa non è affatto un caso. In tanti sono rimasti delusi dal cambio di passo annunciato da Berlusconi che non c’è stato, da un atteggiamento che non è mai stato effettivamente, fattivamente diverso dal fallimentare approccio del primo turno. Ora tocca al centrodestra avviare una seria riflessione interna, con una possibile ristrutturazione interna (Alfano coordinatore unico?). Ma anche il centrosinistra ha il suo da farsi. L’opportunità loro concessa dagli elettori è unica, un match point contro la destra berlusconiana, da non sprecare. Tentare di incanalare e amplificare il consenso in proposte di successo potrebbe far saltare un luogo comune fondamentale nell’Italia di oggi: l’incomunicabilità fra il Nord, cuore produttivo del paese, e il centro-sinistra. Questo potrebbe produrre il giusto break di mentalità tale da far saltare il banco nelle roccaforti di centro-destra, storicamente al Nord. Sempre, beninteso, che Berlusconi e compagnia non si decidano, finalmente, a cambiare atteggiamento.

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